Quando è uscita la notizia della condanna di St3pny a otto mesi di carcere, tutti erano convinti che lo youtuber si trovasse già in galera. Quando Stefano ha pubblicato una storia per dire a tutti che no, non era in carcere, molte persone sono arrivate a mettere in dubbio la veridicità della condanna stessa. Ora, grazie all’avvocato Angelo Greco, che è stato interpellato anche dal Cerbero Podcast, cerchiamo di fare chiarezza.
L’avvocato, che è anche il Direttore di La Legge per Tutti, ha affrontato la questione sulle Stories di Instagram:
“Mi avete fatto due domande. La prima: perché non è materialmente in carcere pur avendo commesso un reato? Questo lo può sapere solo il giudice che ha gli atti del procedimento penale, ma probabilmente perché gli è stata data la condizionale. Non sempre quando si commette un reato poi si va a finire in carcere in Italia”.
Cos’è la “condizionale“? Lo spiega la Treccani: è il provvedimento con cui il giudice (in caso di condanna a pena detentiva per un tempo non superiore a due anni) decide di sospendere la pena per due o cinque anni. Se durante questo tempo il condannato non commette un altro illecito simile e adempie agli obblighi che gli sono stati affidati, il resto si estingue. Quindi è assai probabile che Stefano non ci andrà mai in galera.
Perché St3pny non è in galera nonostante la condanna a 8 mesi? Risponde un avvocato!
L’avvocato ha continuato a spiegare quello che è il suo punto di vista sulla vicenda di St3pny:
“La seconda questione che mi è stata chiesta è se è corretta la difesa di St3pny, che si giustifica dicendo che non esistono codici ATECO cioè della sua atitvità di creator. I codici ATECO sono codici numerici che identificano ogni tipo di attività con un determinato numero in modo da agevolare il compito dell’agenzia delle entrate. Questa non è una valida giustificazione in quanto tutti quanti dobbiamo dichiarare i redditi che dichiariamo, a prescindere dai codici ATECO. Sulla dichiarazione dei redditi c’è un’apposita casella da sbarrare quando non c’è un codice, ovvero ‘redditi diversi’.
La cassazione ha detto che le pr0stitute devono dichiarare i redditi barrando la casella ‘redditi diversi’. Addirittura anche chi riceve redditi illeciti, come lo spacciat0re, li dovrebbe dichiarare e pagarci le tasse. La giustificazione di St3pny non è fondata: chiunque pubblica contenuti online deve sempre avere una partita IVA. E’ obbligatoria quando si effettua un’attività professionale e continuativo. A prescindere che voi facciate un euro o 100mila euro, dovete avere una partita IVA. Questa è la legge”.
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